Genetica degli adenomi ipofisari
Per rispondere alla domanda di tutti quei pazienti affetti da adenoma ipofisario che chiedono se i propri figli svilupperanno la stessa malattia, possiamo affermare che l’adenoma ipofisario insorge nella maggior parte dei casi in maniera sporadica, non ha cioè una trasmissione di tipo genetico. Rimane comunque difficile rispondere alla domanda: perché e come si sviluppa un adenoma ipofisario. La patogenesi di tali adenomi è tuttora poco chiara poiché nella maggior parte di essi gli eventi mutazionali di iniziazione e i fattori di promozione coinvolti nella trasformazione tumorale rimangono sconosciuti.
Esiste, tuttavia, una piccola percentuale di casi che rappresentano circa il 5% del totale, in cui gli adenomi ipofisari insorgono invece in forma familiare, spesso come componenti di neoplasie endocrine multiple, quali la neoplasia endocrina multipla di tipo 1 (MEN1), il complesso di Carney (CNC) e la sindrome di McCune-Albright (MAS).
La MEN-1 è causata da mutazioni inattivanti il gene menin (sul cromosoma 11q13), ma il 10% dei soggetti con tale quadro clinico non presenta mutazioni identificabili. La MEN1 si caratterizza per la presenza delle seguenti patologie tumorali: adenoma ipofisario, iperparatiroidismo primitivo dovuto ad un adenoma delle paratirodi e tumore pancreatico. Nella MEN-1 gli adenomi ipofisari hanno una prevalenza del 40%. Solo nel 10% dei casi l’adenoma ipofisario è la prima manifestazione isolata d’esordio della MEN e dopo circa 9 anni compare la successiva manifestazione clinica, in genere l’iperparatiroidismo. La sindrome da ipersecrezione ipofisaria può essere sostenuta anche dalla secrezione di GHRH o CRH/ACTH (che a loro volta stimolano l’ipofisi) da parte di un altro tumore neuroendocrino L’età media alla diagnosi è di circa 40 anni anni. Gli adenomi più frequenti sono i prolattinomi (58-88%,), seguiti da quelli GH (9-23%) e ACTH-secernenti (0-26%). Gli adenomi clinicamente non funzionanti rappresentano invece una quota minore (0-25%), rispetto a quanto osservato nei tumori sporadici. Sono frequentemente macroadenomi con caratteristiche neuroradiologiche di invasività locale. Generalmente, in questi tumori la risposta terapeutica alla terapia medica o chirurgica è minore rispetto a quanto si osserva nelle forme sporadiche.
Per cio’ che riguarda il complesso di Carney (CNC), circa il 60% dei pazienti presenta mutazioni inattivanti il gene PRKAR1A (posto sul cromosoma 17q22-24), codificante per una proteina regolatoria della protein-kinasi A, coinvolta nel ciclo del cAMP. Sono stati descritti circa 500 pazienti con CNC, con età media alla diagnosi di 36 anni. I pazienti affetti da tale sindrome possono presentare anomalie della pigmentazione cutanea (lentiggini o nevi blu), mixoma cardiaco e alterazioni endocrinologiche che possono comprendere tumori ipofisari, tumori tiroidei e dei testicoli o la sindrome di Cushing da displasia nodulare del surrene. L’interessamento ipofisario si manifesta con aumentata secrezione di GH e/o PRL, ma il quadro clinico di acromegalia è più raro. Istologicamente si osserva iperplasia delle cellule somatotrope, che talora evolve ad adenoma, anche multicentrico.
La Sindrome di McCune-Albright (MAS) è, invece, dovuta a mutazioni attivanti del gene GNAS, che codifica per la proteina Gsα. I tre segni clinici più comuni di tale sindrome sono la displasia fibrosa delle ossa, le macchie caffè-latte e la pubertà precoce. Circa il 20% dei pazienti sviluppa gigantismo/acromegalia da adenoma ipofisario GH secernente. Il trattamento dell’acromegalia/gigantismo risulta spesso difficile, perché i pazienti presentano anomalie cranio-facciali che possono impedire l’intervento chirurgico, hanno un elevato rischio di trasformazione sarcomatosa dell’osso dopo terapia radiante e la risposta agli analoghi della somatostatina è piuttosto incostante. Una valida alternativa in questi pazienti sembra il trattamento con pegvisomant.