Osteopatia nell’acromegalia

L’acromegalia, provocata nella maggior parte dei casi da adenomi ipofisari secernenti GH, è caratterizzata da un’aumentata crescita scheletrica e da un ingrandimento dei tessuti molli. I due ormoni coinvolti sono l’ormone della crescita (GH) e l’IGF-I, responsabili della crescita longitudinale dell’osso in età pediatrica e del mantenimento della massa ossea in età adulta. Gli effetti scheletrici del GH e dell’IGF-I sono modulati dall’interazione dell’IGF-I e della proteina legante l’IGF circolanti e prodotti localmente nel tessuto osseo. I più importanti fattori di crescita presenti nell’osso sono l’IGF-I e l’IGF-II, la cui sintesi e attività sono regolati dal GH e dal paratormone sistemici.

Nonostante questi ormoni abbiano un effetto anabolico, a seguito della stimolazione del turn over osseo e soprattutto della neoformazione ossea, molti pazienti acromegalici sono affetti da una forma di osteoporosi secondaria con un aumentato rischio di fratture. Lo stesso trattamento dell’acromegalia con analoghi della somatostatina provoca una riduzione dei livelli di vitamina D essenziale per l’assorbimento intestinale di calcio che è fondamentale nella mineralizzazione ossea; inoltre l’eccessiva riduzione dei livelli di vitamina D provoca, in alcuni casi, una condizione di iperparatiroidismo secondario (eccesso di paratormone) con effetti deleteri sul metabolismo osseo.

osteopatia nell'acromegalia

Non sempre la MOC (mineralometria ossea computerizzata) può darci informazioni utili riguardo il reale grado di fragilità ossea di questi pazienti dal momento che la densità minerale ossea (misurata con la MOC) può essere normale o addirittura aumentata.

Negli ultimi anni si è posta particolare attenzione sulla valutazione del rischio di frattura nel paziente acromegalico e numerosi studi, alcuni effettuati anche dal nostro gruppo di ricerca, hanno mostrato che l’incidenza di fratture vertebrali in questi pazienti è aumentata. Si tratta di fratture  vertebrali morfometriche, spesso non diagnosticate perché asintomatiche, che possono essere riscontrate da un valutatore attento attraverso una radiografia del rachide in due proiezioni. La valutazione morfometrica viene effetuata sulle vertebre T4-L4 con un software dedicato attraverso la misurazione delle altezze anteriore, media e posteriore di ogni vertebra. Le deformità vengono definite lievi, moderate o severe se la differenza tra l’altezza posteriore e media (deformità a lente biconcava) oppure tra la posteriore e l’anteriore (deformità a cuneo) è rispettivamente del 20-25%, del 25-35% o superiore al 35%.

Il primo studio che ha mostrato un’aumentata prevalenza di fratture vertebrali nell’acromegalia rispetto ai controlli è stato condotto su donne in post menopausa. Tale studio ha dimostrato la presenza di una correlazione positiva tra donne acromegaliche fratturate e attività di malattia nonché la presenza di fratture vertebrali anche con una densità minerale ossea alla MOC normale. Anche nel maschio acromegalico si rileva una maggiore prevalenza di fratture vertebrali rispetto ai controlli indipendentemente dallo stato gonadico; l’unica correlazione sembra esserci con l’attività di malattia. Il diabete, che di per sè rappresenta un fattore di rischio per l’insorgenza di osteoporosi e fratture da fragilità, è una complicanza frequente dell’acromegalia (20-40% dei pazienti ne p affetto) e costituisce un ulteriore fattore di rischio per frattura in questi pazienti.

Recentemente il nostro gruppo ha dimostrato che esiste un fattore di rischio di natura genetica nei pazienti acromegalici che può predisporre al rischio di fratture vertebrali: un polimorfismo del gene per il recettore del GH. Un polimorfismo è una variante di un gene che compare con una frequenza non trascurabile e che codifica per una proteina che risulta essere  diversa dal normale. In questo caso la nostra proteina è il recettore per il GH che nei pazienti portatori di polimorfismo d3  non possiede la porzione del recettore codificata dall’esone 3. Nei pazienti che presentano tale delezione il rischio di frattura sarebbe aumentato di 3 volte rispetto ai pazienti con recettore intero. L’assenza dell’esone 3 aumenterebbe infatti la trasduzione intracellulare del segnale alterando la porzione extracellulare della proteina; di conseguenza tale polimorfismo aumenterebbe la sensibilità al GH con un aumento del turn over osseo e della fragilità ossea.

Alla luce delle recenti acquisizioni possiamo dedurre che nella valutazione del rischio fratturativo del paziente acromegalico la MOC gioca un ruolo marginale cosi come la determinazione laboratoristica dei markers di turn over osseo. La radiografia morfometrica della colonna dorso-lombare è invece uno strumento ormai fondamentale nella valutazione dell’osteopatia in tali pazienti senza escludere che in un prossimo futuro anche la determinazione del genotipo possa essere un valido supporto nella stratificazione del rischio fratturativo.


Riferimenti bibliografici

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